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Corso di aggiornamento istruttori Metodo Globale Autodifesa della F.I.J.L.K.A.M. diretto il 7 giugno 2013 a Bari dal M° Giulio Valente, con il M° Nicola De Bartolo ed il M° Marcello De Vivo.
Grazie al M° Pippo Di Raimondo per le immagini (e non solo...) Praticare Arti marziali o sport da combattimento espone a diversi rischi; alcuni sono abbastanza facili da immaginare, e solo un incosciente non li mette in conto: lividi, lussazioni, slogature, ferite, e via dicendo. Con buona pace delle assicurazioni e delle mamme chiocce però, un minimo di precauzione e attenzione rende queste disavventure rare se non uniche, senza fondamentalmente nulla togliere all’agonismo o all’impegno della pratica e l’esperienza mia personale registra più infortuni tra amici che giocano a calcetto che tra quelli che fanno ukemi sul tatami. Ma un’altra cosa che insegna l’agone sportivo, la strategia militare e la vita nel suo insieme è che il nemico più pericoloso, l’avversario più subdolo, il contendente più ostico è quello che ti si avvicina sornione, ti spiazza con una finta apparentemente ingenua e ti sorprende senza difese. Tra questi, primo senza rivali è il lontano parente, il conoscente occasionale, il collega di lavoro impiccione che – una volta scoperto che pratichi Arti marziali o sport da combattimento - ti guarda come un reprobo, sottrae i bambini al tuo sguardo e ti giudica, senza possibilità di appello e redenzione, come un violento energumeno, volgare picchiatore, selvaggio teppista e altri simili simpatici epiteti. L'Agorà della Scherma di Busto Arsizio, un luogo magico insieme ad una persona straordinaria4/8/2013 Arrivo con Giuseppe e Cosimo all’Agorà della Scherma di Busto Arsizio nel primo pomeriggio di domenica, e dopo alcune brevissime indicazioni telefoniche vediamo venirci incontro il Maestro Giancarlo Toran, che ci apre il cancello e la porta che ci introdurranno nel suo mondo fatto di passione, studio e tecnica oltre che – ovviamente – di Tempo, Velocità e Misura. Una brevissina anticamera con rapido scambio di convenevoli e presentazioni ed eccoci nella grande sala di pratica, con le sue pedane metalliche vuote e silenti ma che non è difficile immaginare percorse da saettanti lame ed arti guizzanti. Dietro la parete che porta agli spogliatoi (con indicazioni in italiano e francese, noblesse oblige…) fanno bella mostra di loro giubbetti ed armi, pronte ad essere utilizzate per nuove sessioni di addestramento, dal lato opposto, un ampio locale con spalliere per ginnastica e di fronte il parco erboso, ideale per la pratica in tempi metereologicamente clementi, in memoria dei tempi in cui, il terreno di gara e di confronto era davvero di terra. Se dovessi usare un aggettivo per definire la giornata di pratica vissuta insieme a Vasto domenica 24 febbraio, userei “circolare”. Metto da parte il riferimento ad una delle “forme sacre” dell’Aikido e scelgo di rimanere volutamente “terra-terra”, non perché la giornata vissuta non meriti tanto, quanto piuttosto per evitare di far sorgere il dubbio che dietro tante roboanti parole si nasconde ben poca sostanza (evidentemente, a pochi giorni da una campagna elettorale martellante, scatta una certa forma di rigetto…). “Circolare” perché la pratica è stata diretta da tre insegnanti (in realtà c’era anche un quarto, ma ne parlerò dopo…) che si sono alternati nel proporre il programma della giornata in maniera omogenea, proseguendo l’uno da dove aveva terminato l’altro, dando vita ad un “unicuum” composto da tre modi didattici individualmente differenti ma con una evidente base comune. La pratica delle Arti marziali contiene in sé un “paradosso” comune a molte altre attività umane, paradosso su cui ci si arrovella molto e – credo – ci si continuerà ad arrovellare in futuro. Di fatto, nella maggior parte dei casi – specie quando parliamo di discipline che non prevedono un impegno strettamente agonistico – la pratica delle Arti marziali è oggi profondamente diversa rispetto a quando queste sono nate. Se alla nascita lo scopo principale di una Arte marziale era quella di salvare la propria vita e toglierla ad un avversario, oggi – per tutta una serie di motivi questo obbiettivo è radicalmente mutato. C’è chi pratica per “tenersi in forma”, chi per approfondire determinati aspetti emotivi e spirituali, chi con un ottica fisico-terapeutica, altri ancora per sentirsi un po’ “samurai de’ noantri"!. I pubblicitari lo sanno benissimo, quello che si vende non è quasi mai “il prodotto” fisico, ma il “sogno” che il potenziale consumatore/acquirente ci costruisce intorno. Vale per le diete e per le autovetture, per i portafortuna e per l’abbigliamento, vale – duole dirlo – anche per tutto quello che gira intorno la cosiddetta “difesa personale”, nel senso più ampio del termine. Giorni fa avevamo discusso intorno alla scarsa considerazione di cui gode la prevenzione degli eventi indesiderati, situazione che non di rado porta a dover pagare conseguenze anche gravi. In quella occasione avevamo accennato anche alla poca obbiettività con cui vengono valutati i corsi di “Difesa Personale” dedicati a partecipanti quasi sempre di sesso femminile, che si illudono (o vengono illusi…) di poter affrontare qualunque pericolo dopo nemmeno una ventina di ore di lezione. Rimandiamo ad altra occasione l’approfondimento di questa spinosa questione ed occupiamoci invece di un’altra situazione, in cui malafede, pigrizia, pie illusioni e amara realtà la fanno da padrone. Mettere degli appartenenti ad una associazione di volontariato che si occupa di “protezione Civile” (con tutte le virgolette del caso….) a svolgere compiti di gestione di una manifestazione pubblica e – peggio mi sento! – di ordine pubblico, è da incoscienti ancora prima che da incapaci. Non basta un giubbotto rifrangente, una ricetrasmittente con auricolare e qualche patch multicolore per sapere come gestire centinaia di persone ammassate, come regolare l’afflusso ed il deflusso delle persone tra cui ci sono anziani a ridotta mobilità, disabili in carrozzella e genitori con i bambini in braccio. Sabato sera, a Roma, nel corso di un seminario di takemusu Aikido diretto da Paolo Corallini shihan, Ciro ha conseguito il grado di shodan con la votazione di 23/30. Una notizia come tante altre per molti, ma non per me, per tutta una serie di motivi. A poche ore dal momento della proclamazione ufficiale dell’esito, è ancora difficile mettere ordine nei pensieri, vuoi per il caotica richiamo degli impegni quotidiani e lavorativi, vuoi perché è un evento che mi ha segnato più di quanto credessi. |
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Marzo 2017
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